“I FIORI DEL LATTE” è il nome di un caseificio campano di prossima apertura scelto tra un inconsapevole rimando baudelairiano e un più probabile errore di declinazione (Ma esisterà mai il plurale del fiordilatte? E allora le mozzarelle, le provole, le ricotte, le scamorze?…).
Un nome che è tutto un programma per quello che sarà “… il fior fiore dei fiori all’occhiello di Casaldisotto Scalo!…” Un caseificio modernissimo, in linea con le nuove tendenze ecologiche, una sorta di vera e propria oasi “biologica”. Tutti prodotti assolutamente naturali, genuini, puri. Bufale allevate secondo rigorosissimi metodi naturali; di mangimi animali neanche l’ombra; pascoli incontaminati…
Questo il progetto, nuovo ed antico, di Aniello Scapece: anni di sacrifici, impegni, fatiche, aspirazioni che, finalmente, sembrano vedere la luce. Ma…
Un bidone arrugginito! Inopinatamente dissepolto da un cane fin troppo vivace, proprio lì, vicino al recinto delle bufale. Sospetto. Molto sospetto. Troppo!
Che fare?…
Approfondire? Denunciare? Verificare? Andare fino in fondo? Col rischio di veder naufragare il desiderio di una vita? Oppure sottrarsi a quell’imperativo morale che seppur non categorico, ma solo sonnecchiante, pur sempre alberga nel più profondo del cuore di ognuno?
Quando il desiderio legittimo cessa di essere una aspirazione sana e trascolora verso le cupe tinte della cupidigia, della ambizione, della bramosia.
Quando la capacità di far tacere la propria coscienza per il raggiungimento di posizioni di potere, siano esse economiche, politiche o sociali (ove mai esistesse ancora in una società plutocratica una possibilità di distinguo…) corrompe l’anima potenzialmente “pura” di un personaggio.
Ecco che la Commedia rischia di trasformarsi in Tragedia. Per ritornare, a tratti, addirittura Farsa, laddove si lasci al personaggio medesimo, lo spazio per far venir fuori tutta la sua inadeguatezza a fronteggiare un destino più grande di lui.
Tra il Joe Keller di “Erano tutti figli miei” di Arthur Miller (anche qui, forse, la sua “yùbris” rischierà di ricadere su di un figlio come ineluttabile nemesi) ed il Peppino Lo Turco de “La banda degli Onesti” (la cui irresistibile e goffa cialtroneria ce lo rende commovente), Aniello Scapece viene a rendere testimonianza di come, oggi più che mai, il vero Eroe per Caso rimarrebbe chi, lontano da ogni retorica ribalta, si opponesse in silenziosa solitudine alle lusinghe ed al miraggio di un qualsivoglia potere, con rinunce tanto più meritevoli e dolorose quanto meno ostentate ed esibite.
In omaggio al monito di Giovenale:
“Nessun uomo colpevole potrà sottrarsi mai al Tribunale della sua Coscienza”.