La Cena di Vermeer racconta l’incredibile scommessa con l’arte e con la vita di Han van Meegeren, “il
falsario che truffò i nazisti”.
Han van Meegeren, l’uomo che nel 1945, da infame accusato di collaborazionismo, si ritrovò all’improvviso
trasformato in eroe nazionale, non era certo uno stinco di santo. Han era un bugiardo, un bevitore, un
imbroglione, arrogante, donnaiolo, scialacquatore... ma con una luce gentile negli occhi che lo illuminava
tutto quando parlava del più grande amore della sua vita, l’unico che non avesse mai tradito: la pittura. Non
gli “scarabocchi infantili alla Picasso”, come li definiva lui, ma l’arte dei grandi maestri olandesi del XVII
secolo; uno innanzi tutto, ignorato per secoli da critica e mercanti, ma rivelatosi alla fine il più grande in
assoluto: Jan Vermeer.
Obbligato a diventare falsario per sopravvivere, Han sceglie Vermeer: all’inizio vuole solo vendicarsi dei
critici che lo hanno messo al bando, impedendogli di dipingere. Ma va oltre e non riesce più a fermarsi. Lui
non “falsifica” Vermeer, lui diventa Vermeer…
Verità e apparenza. Identità e verità dell’artista. Come in un borgesiano gioco di specchi, ne La Cena di
Vermeer si confrontano e si contaminano apparenti verità e vere apparenze, in una sorta di giallo in cui di
continuo i ruoli del detective e dell’assassino si invertono, ma alla fine è legittimo sospettare che siano
entrambi una sola entità: la vita.