All’origine, una realtà. Certo, non una realtà esposta all’attenzione di tutti, non celebrata, non trasfusa in legenda, ma pur tuttavia documentata. Certificata. Indubitabile e, dunque, offerta alla mercé di chi, voglia strapparla alla storia per ricondurla alla vicenda che fu: ovvero quella, minima e luminosa, di Sara Coppio Sullam, poetessa ebraica nata e vissuta tra il sedicesimo ed il diciassettesimo secolo nel ghetto di Venezia. Di lei, cronache anonime tramandano l’immagine di una bella, pallida donna innamorata delle lettere e dello scrivere in versi. Del leggerli e del comporli. Una passione estrema che fu da lei condotta sino al limite del culto e dell’estenuazione. Tra le mani di Sara capitò un giorno “La regina Esther” corpulento e dotto poema di Ansaldo Cebà, un uomo già anziano e molto noto nell’ambiente accademico dell’epoca. L’opera agì sulla giovane come un incantamento che la spinse a prendere la penna per comunicare all’autore tutto il suo entusiasmo. Ansaldo Cebà rispose, lei gli scrisse ancora e lui continuò a risponderle. Mai un incontro, solo parole un fitto rapporto epistolare attraverso cui Sara fin col costruirsi un’immagine mitica della quale innamorarsi e dalla quale farsi plagiare…
Giuseppe MANFRIDI