I FILI DI PENELOPE
I FILI DI PENELOPE
Di Tiziana SCROCCA
Con Tiziana SCROCCA musiche dal vivo Roberto MAZZOLI
"In abbonamento"
Penelope tesse per riempire l’ attesa, per allontanare l’idea della morte e per ingannare il tempo. La sua tela è un continuo dipanarsi di storie che riguardano il ritorno di Ulisse. Penelope è una cantastorie che combatte la sua guerra attraverso la consapevolezza e la fantasia. La sua capacità di raccontarsi e reinventare la realtà, la salva dall’abbrutimento e dalla perdita d’umanità che ha portato la guerra. Il racconto è giocato sul ribaltamento del mito di Ulisse, l’Odissea è solo un invenzione di Penelope e le avventure e gli incontri sul cammino di Ulisse, sono metafora di ciò che Penelope scopre durante la sua attesa. L’attesa è quindi un azione vitale e piena: ogni giorno Penelope immagina una storia sul difficile ritorno di Ulisse, giustificandone così l’assenza e ingannando il Tempo che è fermo e seduto accanto a lei. Ma Ulisse torna ed è un uomo perso e sopravissuto alla guerra. L’incontro apre un abisso di solitudine e delusione: Ulisse e Penelope si trovano ai due poli estremi. Penelope rappresenta un umanità nutrita e difesa con l’ immaginazione e l’affabulazione, Ulisse rappresenta un umanità frantumata dall’orrore della guerra e dalla delusione della Storia, eppure entrambi sono necessari l’uno all’altra, entrambi sono necessari ad mondo migliore. “Tu, Ulisse, hai visto l’orrore che è la guerra! Io, ho visto con quanta facilità gli uomini scelgono la guerra, senza più vederlo l’orrore!” dice Penelope e invita Ulisse a rivelare quell’ orrore perché gli uomini non lo dimentichino. Così Penelope racconta per Ulisse, racconta quell’ Odissea sognata e inventata solo per farsi compagnia, racconta fino a che il racconto scioglie quello che non si può dire e rompe la solitudine, fino a che il racconto non da il coraggio di testimoniare. Il testo muove da una rielaborazione del mito verso una trascrizione poetica sulle necessità, i motivi intimi e profondi di un impegno civile, inteso come condizione dell’anima che resiste tanto alla violenza, alla negazione dei diritti, quanto all’oblio, al vuoto, alla perdita di legame con la propria e altrui umanità.