La nostra realtà quotidiana è fatta di illusioni, immagini preconfezionate,
profonde convinzioni, sogni a buon mercato. Viviamo quotidianamente
l’illusione dell’identità. Costruiamo carriere, rincorriamo posizioni sociali,
crediamo di “essere” qualcosa o qualcuno, pensiamo di lasciare un segno
nella Storia con le nostre azioni, coltiviamo il nostro misero “ego”,
discutiamo di politica, di opportunità, ci sentiamo superiori, dispensiamo
giudizi, ci agitiamo al caldo delle nostre case e delle nostre famiglie.
Ci “intratteniamo” pensando di “ingannare il tempo”.
Noi, fortunati abitatori del ventunesimo secolo.
Tra il 1940 e il 1945 alcuni uomini sparirono improvvisamente nel gorgo
della Storia. Erano uomini comuni, di razze, lingue, provenienze diverse.
Uomini che da un giorno all’altro, senza alcuna avvertenza, vennero gettati
violentemente nella realtà allucinante di Auschwitz, Birkenau, Mauthausen,
Buchenwald e di molti altri Lager nazisti, nel cuore di quella che oggi è la
moderna Europa. Di loro non restò nulla, di molti non si seppe più nulla.
Cosa significa oggi, 70 anni dopo, affrontare ancora una volta lo sterminio
nazista ed interrogarsi sui motivi e sulle ragioni storiche che portarono
l’umanità al periodo più buio della sua storia? In periodo di revisionismo,
memoria a breve termine, canzonette, fiction televisive, teatro
d’intrattenimento, pornografie performative, reality show ed eroi di un giorno,
incontrare la voce di Primo Levi, porta a profonde riflessioni sul senso della
nostra vita.